E’ un tema attuale e complesso, ma purtroppo non se ne parla molto.
Oggi vogliamo affrontare una vera e propria emergenza, proprio in questi giorni in cui il caldo è diventato insopportabile e leggiamo il rapporto ONU sul clima.
Bisogna muoversi in fretta e tutti insieme per far si che la situazione cambi.
Nei prossimi anni le temperature delle regioni meridionali potrebbero salire di 2 gradi e la pioggia ridursi ancora del 20%.

Basti pensare che in questo scenario 57 milioni di persone non possono riscaldare le loro case durante l’inverno e che 104 milioni di persone non possono rendere la loro casa confortevole durante l’estate, mentre 52 milioni di persone pagano le bollette energetiche in ritardo. 

Abbiamo intervistato l’Architetto Kristian Fabbri, docente dell’Università di Bologna e consulente per la Regione Emilia Romagna Organismo di Accreditamento Regionale per i Certificatori energetici (ART-ER) per parlare di povertà energetica, un fenomeno poco conosciuto che in futuro potrebbe mietere molte vittime.      

Prof. Fabbri cosa si intende per povertà energetica?

«La povertà energetica viene definita come una situazione nella quale una famiglia spende più del 10% del proprio reddito per i costi energetici (riscaldamento, elettricità).
 Questa è una definizione introdotta nel 1991 dalla nota studiosa inglese Brenda Boardman che introdusse il concetto di povertà energetica. Si tratta dell’impossibilità di soddisfare i bisogni essenziali causata da un accesso insufficiente a servizi energetici economici, affidabili, sicuri.
E’ una povertà di tipo relativo e dipende dal reddito della famiglia e dalla spesa energetica.
Queste due variabili determinano il numero di famiglie che vanno in povertà energetica.
In Italia si può stimare che, negli ultimi due decenni, circa il 6% – 8% delle famiglie sono in povertà energetica».

Come si misura la povertà energetica?
 

«Per misurare la povertà energetica vengono valutate tre cose: il reddito della famiglia, la spesa energetica e le caratteristiche dell’edificio. Quest’ultima variabile è molto importante perché rappresenta la maggiore incidenza. Un edificio che consuma tanta energia avrà una bolletta energetica molto alta e quindi vi sarà maggiore rischio che la famiglia si trovi in condizioni di povertà energetica: più è povero l’edificio, più è povera la famiglia, più vi sarà il rischio che vi sia condizione di povertà energetica. A questo si aggiunge la possibilità che l’edificio presenti muffe, condizioni di ambienti freddi o surriscaldati. La povertà energetica può avere conseguenze gravi sulla salute, sul benessere e la qualità della vita. La prima volta che mi sono approcciato a questo argomento mi ha colpito lo studio della ricercatrice Brenda Boardman che mostrava come i bambini che nei primi tre anni di vita vivono in ambienti freddi rischiano di avere dei danni di tipo cognitivo, ritardi quindi mentali nella comprensione di carattere cognitivo e pensare che un edificio possa danneggiare in questo modo una persona, insomma da architetto fa pensare molto.
Altri studi dimostrano che quando il nostro corpo dorme in ambienti con più di 28 gradi ha degli scompensi di carattere metabolico e circolatorio, se la persona quindi è diabetica, anziana o ha dei problemi cardio circolatori questa situazione aggrava ancora di più le condizioni di salute».



In che modo si può affrontare il problema della povertà energetica?


«Innanzitutto fare ricerca, misurare la povertà e capire la dimensione di questo fenomeno. Esistono poi moltissimi strumenti come il bonus sociale per disagio economico cosi come indicato nel sito dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), in ogni caso basta rivolgersi agli sportelli sociali del proprio comune o alla Caritas per avere delle indicazioni. La cosa più giusta da fare sarebbe quella di agire sugli edifici, aumentando per esempio l’isolamento e migliorando il rendimento energetico dei piani di riscaldamento o di generatori».

 


Il Governo cosa ha fatto in questi anni per combattere il fenomeno?

«Al momento non esiste un intervento verticale in Italia, ad eccezione degli aiuti in bolletta o supporto al reddito, sicuramente l’Europa sta lavorando molto su questo fronte con il New Green Deal. Sono già del 2018 le direttive europee che chiedono agli stati membri di attuare politiche per mitigare o ridurre la povertà energetica. Ci sono in Italia delle politiche di integrazione a reddito che consentono comunque di arginare il fenomeno. Basti pensare al  Bonus del 65% e anche al  Superbonus 110%. Migliorare la prestazione degli edifici può aiutare. Il PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) e il PNRR prevedono alcune azioni anche su questo tema.

 
Quali sono gli studi fatti sulla Regione Emilila-Romagna ?

«Io e l’Ing. Marinosci abbiamo contribuito al secondo rapporto italiano sulla povertà energetica.
Utilizzando i dati del database regionale dei certificati energetici, siamo riusciti a stimare gli edifici in povertà energetica. Abbiamo utilizzato gli attestati di prestazione energetica della Regione Emilia- Romagna e abbiamo costruito la distribuzione per classe energetica, anno di costruzione dell’edificio stimando una soglia dell’indice di prestazione energetica determinando il numero totale di edifici che potenzialmente sono a rischio di povertà energetica. Secondo questi dati  

circa il 9% delle unità abitative in Emilia-Romagna possono essere a rischio povertà energetica; si tratta di 72mila unità abitative. Questo dato è coerente come valore visto che il 6%-8% delle famiglie italiane può essere a rischio. Oltre a questo abbiamo analizzato altri aspetti: stiamo riusciti a dimostrare che migliorando del 15% la prestazione dell’ edificio con un piccolo intervento, sostituendo per esempio la caldaia, è possibile passare dal 9% al 6%, se invece si interviene in maniera più incisiva si può dimezzare il rischio di povertà  arrivando solo all’1%. Questi studi sono importanti per capire in che maniera è possibile intervenire».



 Cosa avete individuato nella città di Bologna?



«Uno studio di carattere più scientifico, nato in un altro contesto, è quello realizzato insieme al Prof. Gaspari nella città di Bologna. In questo caso, utilizzando i certificati energetici della Regione per il comune di Bologna, siamo andati ad associare un costo energetico per ogni appartamento indicando una soglia di rischio e abbiamo visto quali appartamenti che sono al di sopra di questa soglia. Dopo abbiamo colorato la città di Bologna in base alle classi energetiche e cosi è venuto fuori che la relazione fra distribuzione del reddito e qualità degli edifici è sovrapponibile, dove ci sono persone povere ci sono anche edifici poveri. Ad esempio Bologna ha un quartiere che si chiama La Bolognina che ha una sua storia e lì si concentrano sia edifici con cattive prestazioni, sia a basso reddito. Questo strumento è molto utile perché regala una mappa alle politiche di pianificazione e riqualificazione a livello locale. In questo caso è possibile definire le azioni da affrontare su uno specifico quartiere individuando le zone maggiormente a rischio». 

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Secondo Rapporto OIPE sulla Povertà Energetica in Italia. Indicatore LIHC (Low Income High Cost) del PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima)