Energia rinnovabile e cambiamenti climatici, dal quadro normativo all’applicazione” è stato il tema affrontato il 18 giugno nell’ambito della Virtual Edition 2020 della “Giornata dell’Energia”, quarta edizione promossa dalla società di ingegneria Ambiens.

La missione principale dell’evento è consistita nel divulgare la conoscenza delle tecnologie più avanzate per la produzione dell’energia a partire dalle fonti rinnovabili per conseguire una progressiva decarbonizzazione e mostrare come l’economia verde può rappresentare la soluzione per giungere ad uno sviluppo sostenibile rispettoso dell’ambiente.

Con questa “Giornata dell’Energia” si è cercato di aprire la comunicazione anche alle istituzioni pubbliche usando le opportunità offerte dai PAES-C per uno sviluppo sostenibile. Per promuovere lo sviluppo sostenibile è necessaria una comunicazione dirompente per l’innovazione e l’impresa tecnologicamente avanzata dovrebbe essere pronta a promuovere e dimostrare la fattibilità delle soluzioni innovative proposte per far fronte al fabbisogno energetico tramite l’utilizzo delle fonti rinnovabili (FER), sempre con l’idea che, per far ciò ad alto livello, è necessario avvalersi di una rete di competenze che nessuno può avere da solo. Forti di questa consapevolezza, la giornata di studio sull’energia ha rappresentato una eccellente opportunità per tutti i partecipanti, per incontrarsi, scambiare informazioni, comunicare con gli esperti, confrontare le proprie competenze, immaginare ed intravedere un futuro migliore per la nostra vita e la salute del pianeta, attraverso l’interazione con specialisti e ricercatori del settore energetico. Nell’intervento introduttivo occorreva parlare di futuro del mondo dell’energia, e dunque del tema della transizione energetica che in Italia va a rilento e che è già in avanzata fase di realizzazione in Germania, paese che intende sfruttare al meglio il progetto “Idrogeno green” con un piano di investimenti di 12 miliardi di euro.

Il progetto tedesco è finalizzato a mettere a frutto il potenziale, su scala globale, del principe delle rinnovabili, l’idrogeno, questo vettore energetico, che mi auguro, fortemente, possa, nel più breve tempo possibile, a buona ragione, denominarsi “Idrogeno green”, cioè prodotto al 100% da fonti rinnovabili. Il “colore” infatti non è cosa di poco conto: la produzione attuale dell’idrogeno è quasi totalmente basata (99%) sulle fonti fossili tramite la gasificazione di carbone/lignite (brown Hydrogen) o tramite il
processo di steam reforming del gas naturale (qui si parla di grey Hydrogen, cioè “idrogeno grigio”); quest’ultimo, se abbinato alle tecnologie per catturare le emissioni di CO2 (CCS, Carbon Capture and Storage), cambia ancora “pelle” diventando idrogeno “blu” (blue Hydrogen). Così la produzione dell’idrogeno da fonti fossili è responsabile di una quantità notevole di emissioni: circa 830 milioni di t/anno di CO2 secondo le stime riportate da Wood Mackenzie, quantità questa maggiore di tutto l’ammontare dell’anidride carbonica rilasciata nell’atmosfera in un anno, dalla stessa Germania. Ma il quadro potrebbe cambiare se si riuscisse a ricavare idrogeno a costi competitivi con l’elettrolisi dell’acqua, sfruttando unicamente l’energia elettrica generata da fonte eolica e/o solare, quindi a zero emissioni; idrogeno “verde”, per l’appunto, che potrebbe diventare un alleato prezioso per de-carbonizzare il mix energetico.

Difatti, si può stoccare l’idrogeno in serbatoi per poi impiegarlo per l’alimentazione delle celle a combustibile da installare su autovetture, camion e treni, oppure miscelarlo in percentuali variabili nelle reti esistenti del gas per molteplici utilizzi (riscaldamento degli edifici, processi industriali). Un altro vantaggio (stabilizzazione delle reti di trasporto) risiede nella particolare circostanza che si può sfruttare l’energia elettrica generata dalle fonti rinnovabili (in eccesso rispetto alla domanda), grazie
anche alle caratteristiche degli elettrolizzatori, che richiedono pochi secondi di start -up per funzionare alla loro piena capacità nominale di progetto. E poi l’idrogeno, una volta stoccato in serbatoi a pressione, può essere una soluzione per l’accumulo energetico e il bilanciamento della rete, poiché si può riconvertire, in ogni momento, in energia elettrica con celle a combustibile o mediante impianti turbogas in assetto combinato.
Tra il 2000 e la fine del 2019 in tutto il mondo si sono realizzati circa 253 MW di elettrolizzatori per produrre idrogeno verde ma il mercato è destinato a crescere molto, con più di 3.200 MW di progetti che dovrebbero vedere la luce entro il 2025. Per quanto riguarda i costi, gli analisti ritengono che nel 2030, in quei paesi in cui si è creata la consapevolezza del vantaggio a tutto campo derivante dall’uso delle FER, l’idrogeno green potrà diventare economicamente conveniente, in termini di costo, rispetto a quello ottenuto con i processi tradizionali partendo da risorse fossili. (Integrazione eolico– idrolizzatore).

Ad esempio, in Germania (ma anche in Australia e Giappone), è ormai certo che, grazie ai costi sempre più bassi dell’energia elettrica generata attraverso l’uso intelligente delle fonti rinnovabili, molti esperti di chiara fama stimano che ci sarà convenienza a produrre “idrogeno green” con prezzi dell’energia elettrica, disponibile sotto la soglia dei 30 USD per MWh e (circa 27 €/MWh e ). Anche l’Agenzia internazionale delle energie rinnovabili, l’IRENA (International Renewable Energy Agency) di recente ha pubblicato un rapporto sulle potenzialità dell’idrogeno verde per lo stoccaggio energetico di lunga durata e per la graduale eliminazione dei combustibili fossili nei settori più difficili da de-carbonizzare, come i trasporti e le attività industriali “rilevanti”. I costi per produrre idrogeno da rinnovabili si stanno riducendo ma l’IRENA avverte che è necessario favorire, anche con norme e incentivi specifici, gli investimenti all’indirizzo di impianti di grandi dimensioni per fare economie di scala e stimolare gli investimenti nelle infrastrutture di trasporto e distribuzione. Le reti esistenti del gas, infatti, sono in grado di accogliere limitate percentuali di green Hydrogen; inoltre, bisogna rendere più efficiente l’intera catena di fornitura per ridurre le perdite di energia nei vari processi, ad esempio nei processi di conversione da energia elettrica a idrogeno e viceversa. In questo momento in Italia esistono limiti tecnologici e “neck bottle” nelle infrastrutture che scoraggiano e rendono problematiche le applicazioni che utilizzano le tecnologie verdi.

La loro indisponibilità non lascia ben sperare nell’immediato futuro, sull’utilizzo dell’idrogeno nei consumi finali. Pertanto, fino ad ora, i programmi hanno trasferito ai cittadini soltanto un elenco di buone intenzioni e nient’altro. Si vuole invece stimolare fortemente le scelte del decisore politico, soprattutto in direzione della realizzazione immediata di tutti i dispositivi soprattutto di quelli finalizzati allo sviluppo della mobilità sostenibile pervenendo all’utilizzo di combustibili per la trazione assai ricchi in idrogeno. L’elettrificazione del comparto dei trasporti è uno dei settori più energivori al mondo; sembra ormai matura l’idea della applicazione della trazione elettrica grazie all’avvento delle “fuel cell alimentate a idrogeno”. Negli ultimi anni la tecnologia ha progressivamente contaminato autoveicoli leggeri, autobus, camion, treni e persino aerei. Tuttavia, la necessità di trasportare e stoccare idrogeno, all’interno di uno speciale serbatoio, non sempre rende quest’opzione vantaggiosa per tutti e in ogni business case. E mentre si moltiplicano le iniziative per la produzione di “Green Hydrogen” fa capolino all’orizzonte una proposta alternativa: Le celle a combustibile liquido diretto. Si tratta in pratica di particolari pile in grado di essere alimentate attraverso diversi tipi di combustibile liquido, come ad esempio gli alcoli, senza reforming catalitico (processo che aumenta il numero di ottano (N.O.) di una miscela di idrocarburi. In linea di principio, dunque, l’applicazione delle celle alimentate da combustibile liquido potrebbe far progredire l’elettrificazione del settore dei trasporti, senza la necessità di particolari strutture di stoccaggio dell’idrogeno che, come è noto, sono costose e particolarmente delicate dal punto di vista gestionale.

Ma la domanda che ci si pone in questo caso è: le celle alimentate direttamente con combustibile liquido riescono a fornire prestazioni confrontabili con quelle garantite dalle fuel cell alimentate a idrogeno, anche in termini di densità di potenza? La risposta arriva oggi da un nuovo studio della “M c Kelvey School of Engineering” della Washington University – USA. Un gruppo di ricercatori americani ha sviluppato una cella ad alta potenza alimentata a boroidruro di sodio (NaBH4 ) diretto. In realtà, l’impiego di questo composto nelle celle a combustibile non è una novità. Esistono già unità, di piccola taglia di potenza, che sfruttano il NaBH 4 . In questo caso, le molecole vengono decomposte, ai fini della produzione di energia elettrica, in acqua e sodio borato che a sua volta viene recuperato per rigenerare il boroidruro. La novità del lavoro statunitense sta nell’aver messo a punto una cella a combustibile liquido diretto che funziona generando un livello di tensione elettrica pari al doppio della differenza di potenziale prodotta dalle fuel cell a idrogeno convenzionali. Per raggiungere questo risultato, il Team di ricerca – guidato da Vijay Ramani – ha identificato una gamma ottimale di portate massiche di combustibile, architetture del campo di flusso e tempi di permanenza, che consentono ottenere un funzionamento ottimale della cella che eroga un così elevato livello di potenza.

Il dispositivo sviluppato per le applicazioni più articolate e complesse affronta la sfida chiave dell’efficienza energetica attraverso questa particolare pila a combustibile che ha dimostrato che si può ottenere una tensione elettrica operativa di ciascuna cella singola, di valore doppio rispetto a quella ottenuta con celle tradizionali alimentate a idrogeno, con conseguenti potenze di picco che si avvicinano al valore di di 1 W/ cm2 di potenza specifica. Il raddoppio del valore della tensione elettrica generata consente di conseguire un design geometricamente più ridotto, una minore massa del dispositivo unita ad una maggiore efficienza, che si traduce in significativi vantaggi dimensionali della architettura complessiva che, naturalmente, necessita dell’assemblaggio, in serie di molteplici dispositivi. E il loro approccio è ampiamente replicabile con altre classi di combustibili.

Relazione a cura del Prof. Rosario Lanzafame