Con un documento inoltrato al Governo e ai Presidenti dei Gruppi Parlamentari di Camera e Senato, Federarchitetti esprime preoccupazione per la conversione in Legge del DL 34/2020 qualora non ne siano emendate alcune misure necessarie a rendere “orizzontale” e diffusa l’operatività della detrazione del credito d’imposta al 110% per gli interventi previsti all’art. 119 del D.L. 34/2020.

L’associazione ritiene che, qualora lo Stato non intervenga con misure di garanzia per l’erogazione di prestiti da parte delle banche e dei soggetti finanziari interessati al credito d’imposta, l’ingente ed encomiabile sforzo messo in campo comporterà vantaggio soltanto per i grandi players del settore immobiliare. Anzi, si assisterà alla distorsione del mercato connesso all’edilizia e formato da centinaia di migliaia di piccole e medie imprese e liberi professionisti, per l’evidente squilibrio nella trattativa per i compensi e per l’esiguità delle risorse a disposizione tali da renderle preziose e “costose”.

Il grande ostacolo – si legge nel documento – al rapido esercizio delle misure proposte è costituito dai limiti per le banche e gli istituti finanziari nell’erogare un prestito prima delle spese per gli interventi. Infatti viene data alle banche la possibilità di diventare cessionarie del credito d’imposta ma soltanto in momento successivo all’effettuazione della spesa (art.121 comma 1 lett. a) e lett. b) del DL 34/2020, in cui si riscontra la “successiva cessione del credito ad altri soggetti, ivi inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari”). In tal caso le stesse banche risponderebbero per l’eventuale utilizzo del credito in modo irregolare o in misura maggiore rispetto allo sconto praticato o al credito ricevuto, e diverrebbero soggette al recupero dell’importo corrispondente alla detrazione non spettante con sanzioni e interessi, e perfino responsabili in solido con il fornitore che ha applicato lo sconto (secondo le disposizioni di cui all’art.121 commi 4, 5 e 6). Pertanto le banche non anticiperanno gli importi (se non quale normale finanziamento), ma potranno acquisirlo in secondo momento da parte di chi ha effettuato la spesa, concorrendo con tale acquisizione alla solidarietà nella responsabilità su eventuali irregolarità nel caso di correità.

Federarchitetti sottolinea come: “Nessuna banca accetterebbe un credito d’imposta a queste condizioni, perché troppo alta l’incertezza per un eventuale procedimento giudiziario per accertare le responsabilità, anche in presenza di chiara legge. Probabilmente potrebbero accettare il credito d’imposta altri soggetti, facendo leva sul prezzo da corrispondere e deprezzando il credito, ma non possono farlo le banche a meno di non incorrere in reato di attività di lucro non lecita. In tal caso i soldi per le spese degli interventi dovranno impiegarli o i proprietari capienti o i grandi players del settore immobiliare. Questi ultimi possono disporre delle risorse finanziarie delle “utilities” consorziate (peraltro solide finanziariamente anche in quanto concessionarie di servizi pubblici), e in tal modo sarà facile condizionare il mercato dei fornitori e dei prestatori d’opera (imprese) e di servizio (liberi professionisti), ed eventualmente fare cartello e negoziare prestiti vantaggiosi con le banche. Con il tempo, data la seppur ingente ma limitata disponibilità delle risorse a disposizione dei detti players in relazione al patrimonio immobiliare passibile di intervento, la rarità di intervento potrà costituire requisito per alzare il prezzo sotto forma di percentuale di cofinanziamento da parte dei proprietari, a ulteriore danno della collettività“.

Il rischio che si corre è quello di non dare alle piccole e medie imprese edili e ai liberi professionisti la possibilità di operare in analoghe condizioni di libertà e di concorrenza, con la possibilità che migliaia di società e di piccoli studi chiudano, concorrendo ad un obiettivo che è contrario a quanto si vuole intravedere.

La proposta dell’associazione professionale è quella di richiedere alle banche un finanziamento garantito dallo Stato da attuarsi prima della spesa per l’intervento e attestazione del futuro credito d’imposta mediante le previste certificazioni (APE e visto di conformità) oltre a titoli di proprietà e contratto d’appalto registrato. Tale prestito potrebbe essere direttamente tradotto in credito d’imposta per le banche mediante sottoscrizione di apposito contratto registrato, corrispondendo per l’operazione il 10% sul 110% previsto, e svincolando completamente le banche dalle responsabilità derivanti da fatti non ascrivibili alle stesse.