La transizione ecologica deve portare fra dieci anni ad un’Italia alimentata dalle fonti rinnovabili e dall’idrogeno “verde” prodotto con queste. Un’Italia del 2030 con un sistema industriale nazionale in grado di produrre le tecnologie per la decarbonizzazione e di investire sull’energia del futuro, cioè la fusione nucleare. Ma per arrivarci, oggi serve una “transizione burocratica“, per velocizzare le procedure autorizzative troppo lente.

Il ministro della Transizione ecologica, il tecnico Roberto Cingolani (fisico, fondatore dell’IIT di Genova ed ex capo della ricerca di Leonardo) si è presentato davanti alle Commissioni di Camera e Senato per spiegare le linee guida del suo nuovo ministero (nato con decreto legge il 1/o marzo) e i contenuti “green” del Recovery Plan, o Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Un piano che, secondo la Ue, deve impiegare il 37% dei 209 miliardi aiuti europei per la pandemia in investimenti per la decarbonizzazione.

Il primo punto su cui lavorare per Cingolani è quella che chiama “transizione burocratica“: “E’ il tema del ‘permitting’ – spiega -, la catena di procedure che porta al rilascio del permesso per aprire i cantieri. I tempi adesso sono piuttosto lunghi. L’emergenza della pandemia impone una revisione“. A una centrale a rinnovabili servono 4 o 5 anni per avere le autorizzazioni.

L’efficienza realizzativa di nuove iniziative è pari a 1/10 di quanto programmato“, rivela Cingolani. Il Ministero sta lavorando a sveltire le procedure, e il modello “Ponte di Genova” è una delle ipotesi. Il ministro punta anche sulle consultazioni pubbliche con i cittadini sui nuovi impianti energetici, per prevenire i contenziosi.

Sul Recovery Plan, ha detto, “in tre settimane il 50% dei progetti sono stati istruiti“. Restano solo 7 settimane, perché il 30 aprile il piano va consegnato alla Ue. Fra gli obiettivi del lavoro, ci sono la semplificazione degli iter autorizzativi degli impianti rinnovabili; il “green procurement”, cioè la capacità di individuare la sostenibilità di un progetto; una governance efficace dell’efficientamento energetico; l’accelerazione degli interventi sul dissesto idrogeologico; lo sblocco degli impianti di gestione dei rifiuti.

Sulle rinnovabili, il target è quello fissato dalla Ue, il 72% al 2030 (“un’impresa epica”, l’ha definita Cingolani). Il ministro punta anche a potenziare la ricerca e la produzione in Italia di tecnologie per la decarbonizzazione (per non dover dipendere dall’estero in questo settore strategico) e a rendere più sostenibile la filiera agroalimentare.

Non possiamo non considerare l’idrogeno verde (prodotto dall’acqua con le rinnovabili, n.d.r.) come la soluzione regina – ha detto ancora il ministro -. E’ sostanzialmente il vettore ideale. Fra dieci anni avremo l’idrogeno verde e le automobili che andranno a celle a combustibile. Le batterie le avremo superate, perché hanno un problema di dismissione, e staremo investendo sulla fusione nucleare, che ora sta muovendo i primi passi nei laboratori“.