Non smettere di cercare il “modo” giusto per rispettare le diverse sensibilità emerse già tra i 27 dell’Ue e insieme superare le perplessità sugli strumenti di price cap riscontrate anche tra i 7 grandi.
Mario Draghi è tornato a insistere sulla necessità di agire sui prodotti energetici importati dalla Russia.

Tutti, non solo il petrolio su cui a Elmau è maturato il consenso sulla spinta del presidente Usa Joe Biden. Serve ad “affamare” Mosca, ha sottolineato Washington, registrando in mattinata “progressi” che alla fine della seconda giornata del vertice hanno portato a uno schema d’intesa. La formula, trovata dagli sherpa, contemplerebbe il mandato “con urgenza” ai ministri dell’Energia del G7 di “studiare l’applicazione del price cap”.

Un’urgenza che, filtra dalla delegazione italiana, rappresenta un “passo avanti” rispetto a Bruxelles, che aveva indicato il mese di ottobre per riprendere la discussione. 
“Ci vorrà tutta la notte”, avevano previsto dalle delegazioni. Ma gli sherpa si sono riuniti al termine delle sessioni ufficiali di lavoro per definire il paragrafo da inserire nel comunicato del summit. E hanno trovato in fretta un compromesso. 

Anche sul petrolio la discussione è stata aperta fino all’ultimo, in parte per alcune obiezioni sollevate da alcune delegazioni, in parte per le diverse proposte arrivate sul tavolo. Ma alla fine un passaggio sul price cap ci sarà. Si è discusso in questi giorni se indicare la necessità di studiare meccanismi per contenere i prezzi “dell’energia” e mettere in atto azioni per ridurre i proventi che ogni mese incassa Vladimir Putin dagli “idrocarburi”. Il gas non viene mai citato esplicitamente, ma è ricompreso in queste diciture, abbinate così a un riferimento al percorso intrapreso dall’ultimo Consiglio europeo. 

Si tratta in ogni caso, come sul petrolio, di una “dichiarazione politica”, perché non è il G7 la sede per entrare nel dettaglio tecnico delle misure. E all’Italia quello che preme è che a muoversi insieme su questo fronte sia soprattutto l’Ue, che “acquista i tre quarti del gas mondiale che entra nei gasdotti e si può anche permettere di fare un po’ il mercato”, come ha ricordato di nuovo il ministro Roberto Cingolani. E che per questa via, non si stanca di ripetere il premier, continua a finanziare la guerra di Putin. 
Draghi – che nel pomeriggio ha avuto due bilaterali con il premier britannico Boris Johnson e con il presidente argentino Alberto Fernandez – è tornato a insistere sul gas prendendo la parola dopo l’intervento-appello del presidente ucraino Volodymyr Zelensky ai leader riuniti in Baviera. “Putin non deve vincere. Noi restiamo uniti a sostegno dell’Ucraina”, ha detto il presidente del Consiglio, sottolineando che “se l’Ucraina perde, tutte le democrazie perdono”. E che se dovesse succedere diventerebbe “più difficile sostenere che la democrazia è un modello di governo efficace”. Draghi ha ringraziato Zelensky per “il benvenuto eccezionale” ricevuto a Kiev, poco più di una settimana fa, insieme al presidente francese Emmanuel Macron e al cancelliere tedesco Olaf Scholz. Nel corso di quella visita i tre avevano assicurato il sostegno alla candidatura dell’Ucraina per l’ingresso nella Ue, una decisione, ha sottolineato il capo del governo italiano, che “è importante per l’Ucraina ma anche per l’Unione Europea. L’Ue ha mutato in modo profondo il suo atteggiamento verso i Paesi vicini”, cambiando “la sua strategia di lungo periodo”.